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OLYMPUS DIGITAL CAMERAVolevo scrivere una cosa seria, ben argomentata, e piena di riferimenti concettuali a partire dalle due notizie che seguono. Ma non ho tempo, per cui per una volta segnalo senza troppi fronzoli di stile.

Negli Stati Uniti è sempre più difficile tenere sotto controllo il mercato degli integratori alimentari: un gran numero di prodotti tolti dal mercato negli anni scorsi dalle autorità, perché addizionati con farmaci di sintesi o perché composti da ingredienti diversi rispetto al dichiarato, è già tornato a scaffale. A quanto pare è bastato cambiare nome al prodotto, fare un restyling della confezione e modificare la ragione sociale dell’azienda per tornare in pista. Per chi ama la precisione, il 66,7% degli integratori alimentari ritirati dal mercato nordamericano dalla Food and Drug Administration per sofisticazione è tornato sul mercato senza alcun miglioramento dopo soli 6 mesi. E non si può dare la colpa ai cinesi, stavolta: quasi tutti erano prodotti da aziende USA. Stiamo parlando di circa 70 integratori ritirati dal mercato all’anno, quasi tutti dimagranti o destinati a migliorare le performances sportive o sessuali, secondo uno schema già descritto e noto da alcuni anni. I numeri sono medio-piccoli e non tutto il settore è marcio, ovviamente, ma evidenziano comunque i limiti dei controlli ex post e delle autorizzazioni liberalizzate, che portano giustamente molti operatori a suggerire ai consumatori interessati l’acquisto di erbe medicinali sfuse e non di prodotti processati. E si inizia a sospettare che questo scarso controllo in tema di adulterazione e sofisticazione possa essere causa della maggiore incidenza di patologie epatiche a carico di chi usa integratori alimentari per migliorare la pratica sportiva e incrementare la massa muscolare.

Altra tegola, stavolta sulla costa di rimpetto: il problema delle pubblicazioni scientifiche. Aumentano, anche nel settore delle piante medicinali, i casi di retraction, ovvero di ritiro di articoli nei quali dopo segnalazione esterna gli autori riconoscono di aver commesso errori o di aver raggiunto conclusioni errate e non suffragate da dati ogettivi. L’ultimo della serie è abbastanza clamoroso, in quanto si tratta di uno degli articoli più spesso usati a sostegno della presunta azione dimagrante degli estratti di caffé verde, un ingrediente abbastanza trendy negli ultimi anni. Dal momento che queste informazioni sono poi usate sia per suffragare la concessione di frasi di efficacia da parte delle autorità che per sostenere campagne di marketing, avere garanzie sul controllo dei dati sarebbe fondamentale. Nello specifico, un lavoro commissionato da un’azienda e che per la sua scarsa qualità non era accettato da nessuna rivista è stato riscritto da altri autori, reso più presentabile e infine pubblicato su una rivista open access. Priva di indicatori di qualità come l’impact factor, parametro di valutazione comune nella pratica scientifica ma purtroppo non considerato qualora si tratti di portare una testimonianza sui più importanti network televisivi.

Quando si parla di “controllori” a molte persone viene mal di pancia, me è innegabile come la deregulation rappresenti un problema, di qua e di là dalla riva.

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