In primavera ho avuto la fortuna di visitare la serra tropicale dell’Orto Botanico di Padova, in cui vengono cresciute con cura numerose piante di vaniglia dagli effimeri fiori, amorevolmente fecondati a mano in ossequio ad una tecnica messa a punto nell’orto patavino a metà ottocento. I frutti di Vanilla planifolia, per storia commerciale, migrazioni forzate dall’uomo, complessita chimica dell’aroma e per il complicato meccanismo biologico, chimico e culturale con cui lo si ottiene, sono da sempre sinonimo di fascino e di valore . Entrambi elevati, entrambi causa ed effetto di ricchezza e notorietà, con annessi e connessi di speculazioni, ricerca di alternative a basso costo ed ampie fluttuazioni di prezzo che tuttavia raramente beneficiano la base della piramide produttiva, come altre volte raccontato. Attualmente, in alcune zone di produzione della vaniglia è in corso una seria crisi che colpisce soprattutto i piccoli produttori a conseguenza della volatilità dei prezzi.
CNN ha dedicato spazio alla situazione attuale del mercato della vaniglia con un report da uno dei centri elettivi di produzione, il Madagascar. La situazione non è rosea per il maggior produttore mondiale e buona parte dei problemi sembra essere eredità di un successo recente: condizioni climatiche avverse e calo della produzione hanno determinato nel 2003 una grande impennata dei prezzi al dettaglio. Questo ha indotto l’ingresso sul mercato di altri paesi produttori, sia in Africa che in Asia, che possono spesso contare su canali commerciali più solidi ed infrastrutture più efficienti, sebbene il loro prodotto sia ritenuto qualitativamente inferiore a quello malgascio. Più vaniglia disponibile, però, uguale crollo dei prezzi e questo ha scatenato l’ennesima corsa al ribasso sul mercato degli aromi, con limature consistenti che a quanto pare vengono fatte ricadere sul prezzo garantito ai produttori, che spuntano attualmente circa un euro al giorno per la loro quotidiana opera di fecondazione manuale dei fiori.
Non per fare le pulci ai patavini, ma l’impollinazione manuale della vaniglia fu descritta prima da un botanico belga, tale Charles Morren, che riuscí a impollinare nel 1836 le piante dell’orto botanico di Liegi. La sua tecnica pare non abbia avuto gran successo commerciale.
Charles Morren é un classico caso di persona geniale che non sa vendere bene le sue idee, il nostro eroe meriterebbe la notorietá per essere stato uno dei primi a raccomandare l’uso del rame come antiparassitario per combattere la phytophtora, articolo purtroppo da lui pubblicato come lettera a un quotidiano belga, e poi ristampato in un annuario di agricolura belga e sparito nelle nebbie della storia.
Questo nel bel mezzo della famigerata carestia irlandese, (con)causata dal patogeno.
Cito da questo articolo, se interessa leggete pure ma traduco:
The Early History of Copper Fungicides
Author(s): George Fiske Johnson
Source: Agricultural History, Vol. 9, No. 2 (Apr., 1935), pp. 67-79
‘The first specific recommendation of a combination of copper sulphate and lime as a fungicide is that of Charles Morren, professor of agriculture at the University of Liege in 1845. It follows:
“The employment of lime and marine salt, mixed with a small quantity of the sulphate of copper, is, as I have said, of a recognized efficacy in the destruction of the germs of parasite plants [fungous diseases]; consequently, to powder with these mixed substances the soil which has been planted with sick potatoes, is an operation calculated to destroy the germ of the scourge, and cannot be too strongly recommended everywhere.” This suggestion was prompted by an epidemic of late blight (Phytophthora infestans) on potatoes which had spread throughout America and Europe and was then causing a shortage of food and threatening famine in Ireland’.
Purtroppo gli irlandesi non leggevano i giornali belgi…
Ah, per precisare, la Phytophtora infenstans non é un fungo, ma un oomycete, distinzione che spesso sfugge ma che resta fondamentale.
ma non traduco, volevo dire…
[…] Fu solo nel 1836 che il naturalista belga Charles Morren riuscì a fecondare artificialmente il fiore. La coltivazione su larga scala fuori dal Messico tuttavia iniziò solamente nel 1841 quando nell’isola dell’oceano indiano di Réunion, chiamata all’epoca Bourbon, uno schiavo di nome Edmond inventò il metodo utilizzato ancora oggi per impollinare il fiore, utilizzando un bastoncino di bambù. I francesi ben presto iniziarono a produrre vaniglia oltre che nell’isola di Réunion anche nelle isole Comore e in Madagascar. La vaniglia che proviene da quelle regioni ancora oggi si chiama “vaniglia bourbon”. Richiedendo una impollinazione manuale la coltivazione della vaniglia sfrutta molta manodopera, spesso a bassissimo costo, pagati un dollaro al giorno (via Erba Volant). […]