Chemestesi: il pepe del Sichuan e il gusto che dà la scossa

Fastidio o piacere? Sarà capitato a tutti di rimanere seduti a gambe accavallate per lungo tempo, magari in una posizione scomoda. Oppure di addormentarsi con un braccio schiacciato dal corpo, o ripiegato dietro la testa. A un certo punto l’arto ha perso sensibilità e al risveglio lo avete trovato completamente intorpidito, anestetizzato al tatto, insensibile al dolore. A toccarlo sembra morto, inerte. Dopo pochi istanti però ha iniziato a ridestarsi producendo una sensazione fastidiosa, dai più descritta come la simultanea punzecchiatura di migliaia di aghi, un formicolio pungente che percorre la pelle come un’ondata elettrica. Questa esperienza, credo nota a tutti, ha un nome preciso: parestesia. Si tratta di un fenomeno dalla genesi fisiologica nota, causato dall’applicazione di una pressione prolungata su un nervo, tale da determinare dapprima un’anestesia e poi una ripresa elettrica paragonabile a una scossa a basso voltaggio. Ad andare in tilt nel caso descritto è il passaggio di segnali inviati verso il sistema nervoso centrale da parte del sistema somatosensoriale, un pool di fibre nervose che include meccanorecettori, termorecettori e chemorecettori. Tutti questi sensori percepiscono e raccolgono segnali di tipo fisico dall’esterno e li traducono in un segnale nervoso di allarme e servono ad esempio a ritrarre le mani quando tocchiamo un oggetto troppo caldo o troppo pungente. Non si hanno solo parestesie transitorie associate ad azioni meccaniche, purtroppo, ma anche forme persistenti dovute a eventi lesivi o cronici associati a patologie infiammatorie, metaboliche o degenerative come la sclerosi multipla ed il diabete. Eppure, in forma più lieve e temporanea, questa sensazione quasi masochistica può essere apprezzata in campo gastronomico diventando, per alcuni un piacere da gustare e per altri un buon tema per un Carnevale dedicato alla chimica in cucina. In questi casi infatti a interferire con il sistema somatosensoriale e con la trasduzione dei suoi segnali non sono eventi meccanici, ma sostanze chimiche presenti in alcuni alimenti.

ResearchBlogging.orgMenù elettrizzanti. Dopo decenni di monotonia, iniziano finalmente a variare i menu dei ristoranti cinesi ed è da questa variazione storicamente poco significativa che prende le mosse lo studio di una percezione unica, che dalle ricette porta verso lo studio della fisiologia del gusto e da lì approda allo studio dei farmaci. Che sia frutto di un bisogno di competitività, di una sensibilità del consumatore per sapori nuovi o il raggiungimento di un livello avanzato di qualità culinaria poco importa, quel che basta è che oltre ai consueti pollo/maiale/vitello-bambu-e-funghi sono da poco apparsi piatti più elaborati ed audaci per il palato italiano, spesso ben più in sintonia con la reale eterogeneità della cucina cinese. Con queste pietanze si affacciano alle nostre papille gustative ingredienti esotici e soprattutto spezie (quasi) mai viste, diverse anche nel meccanismo d’azione rispetto al pepe, al peperoncino, allo zenzero o alla cannella. Ad esempio, recentemente mi è capitato di mangiare un piatto chiamato, a seconda del ristorante, “vitello all’acqua piccante” o “vitello alla moda del Sichuan“, che va ordinato almeno una volta nella vita per tradurre in sensazioni reali le parole che ora seguiranno.

La particolarità di questa pietanza è di essere letteralmente “pungente” ma non piccante, ovvero a contatto con la lingua produce un pizzicore elettrico fitto ed intenso che anestetizza momentaneamente le mucose della bocca (la lingua specialmente) senza però provocare il bruciore tipico del peperoncino ed inducendo una vera e propria parestesia del cavo orale. Responsabile di questa sensazione è una droga chiamata pepe del Sichuan ottenuta dai frutti di varie piante orientali appartenenti al genere Zanthoxylum, (Z. piperitum, ad esempio) coltivate sia in Cina che in Corea. Questa spezia dall’effetto particolare è arrivata finalmente anche nei negozi etnici qui in Italia e sebbene ne siano noti diversi tipi e specie, in grado di produrre capsule con dimensioni e colori differenti, quelli più reperibili sono aperti, rossastri al’esterno, gialli internamente ed hanno un diametro di circa mezzo centimetro, con un breve peduncolo. Le capsule contengono anche un olio essenziale ed impartiscono ai piatti che accompagnano un profumo agrumato caratteristico. Ma è la sensazione provocata sulla lingua a rappresentare un vero e proprio marchio di fabbrica: alcuni istanti dopo aver masticato un frutto di pepe del Sichuan la lingua perde di sensibilità, si intorpidisce come se avessimo morso il filo del telefono. In un passato recente il pepe del Sichuan faticava ad arrivare sulle nostre tavole, anche per via di un embargo fitosanitario. Il genere Zanthoxylum è parente del genere Citrus (entrambi appartengono alla famiglia delle Rutacee) ed è vettore di alcune virosi che possono colpire gli agrumi. Negli Stati Uniti e probabilmente anche in Europa, l’importazione di questa spezia era vietata mentre ora, previo un trattamento termico, è permessa. Forse anche per questo è divenuta più reperibile in commercio.

Non solo gustibus. Assieme alle sensazioni gustative “classiche”, mediate dai recettori dell’amaro, del dolce e del salato assieme a tutte le sfumature aromatiche mediate dai recettori dell’olfatto, anche sensazioni più propriamente fisiche contribuiscono all’esperienza gustativa. Temperatura, consistenza ed altri effetti pressori, ad esempio, sono coinvolti nel creare la cosiddetta esperienza chemestetica, che non coinvolge l’apparato gustativo ed olfattivo in senso stretto ed è conseguenza dell’azione di alcune sostanze sui cosiddetti nocicettori, i sistemi di rilevazione del pericolo che accompagnano il sistema con cui percepiamo l’ambiente e gli oggetti che ci circondano. E’ grazie a loro, ed in particolare grazie ai recettori della classe TRP, che evitiamo di farci del male toccando o ingerendo oggetti troppo caldi o troppo freddi e proprio giocando con questi sistemi d’allarme le piante prima ed i cuochi poi hanno selezionato i gusti di uomini ed animali. Ad esempio, i frutti di Capsicum annuum contengono capsaicina per scoraggiare la loro ingestione da parte dei mammiferi -che masticando romperebbero i semi- ed incoraggiarne l’ingestione da parte degli uccelli, che sono sprovvisti di nocicettori “termici” sensibili ad essa. Il piccante del peperoncino nasce in natura come una sostanza repellente e l’abbiamo trasformata in un’esperienza chemestetica gradita a molti (ma non a tutti) come conseguenza culturale. Un percorso del tutto analogo è stato seguito per altre molecole deterrenti sviluppate dalle piante per interagire con il sistema somatosensoriale degli animali, come quelle del pepe del Sichuan. In alcuni casi questi fenomeni hanno infatti dei responsabili chimici ben definiti, attivi su recettori ben chiari ed attraverso un meccanismo elucidato nei dettagli, come nel caso della capsaicina e del mentolo, che interferiscono rispettivamente con i recettori TRPV1 e TRPM8 causando una sensazione di calore bruciante o di frescura nella bocca e sulla pelle, anche in assenza di fuoco o ghiaccio. Quando lo stimolo fisico coinvolto è invece quello tattile modulato dalla pressione, o quello chimico legato al pH, l’insieme dei fenomeni prodotti è riassunto da un vocabolo inglese, tingling, e coinvolge sia i nocicettori meccanici ed i chemorecettori, quelli che rivelano il contatto con corpi taglienti ed appuntiti o con le sostanze corrosive che i sensori deputati a monitorare eventi non dannosi, come il tatto per sfioramento. L’insieme degli effetti del tingling corrisponde a una parestesia debole e moderata è una percezione considerata piacevole e, in forma assai più lieve e transitoria, la ricerchiamo anche addizionando le bevande con anidride carbonica: quando il gas disciolto entra a contatto con la lingua e con le mucose, le prime piccole bollicine che si formano premono sulle terminazioni tattili esercitando un gradevole feedback sensoriale. In maniera meno grossolana e soprattutto più intensa il tingling può essere anch’esso indotto da sostanze chimiche tra le quali alcune alchilammidi polinsature come  il sanshool ed l’alfa-idrossi sanshool illustrato qui sotto, entrambi abbondanti nei frutti di Zanthoxylum, il nostro pepe del Sichuan.

Non dite che è piccante. Come nel citato caso della capsaicina, queste alchilammidi sono in grado di legarsi ai recettori tattili e chemosensibili sulla nostra lingua, producendo un segnale nervoso anche in assenza di acidi o di corpi pungenti. Tuttavia, mentre il comportamento del mentolo, della capsaicina ed anche di altre sostanze a carico dei recettori TRP è noto, solo recentemente è stato possibile individuare con precisione i recettori coinvolti e delucidare il meccanismo d’azione del shansool e dei suoi derivati, aumentando la possibilità di ottenere degli agonisti. Questo fatto non ha solo una rilevanza gustativo-culinaria in quanto le parestesie, come detto all’inizio, sono manifestazioni comuni anche a diverse patologie più o meno gravi e spesso connesse a doppio filo con i fenomeni algesici, dolorosi. Lavorare su queste molecole sapendo dove e come lavorano sui sensori del tatto potrà ad esempio permettere ai farmacologi ed ai chimici farmaceutici di migliorare le nostre conoscenze sul fenomeno ed indirizzare lo sviluppo di farmaci che possano alleviare i sintomi sensoriali della sclerosi multipla, del diabete, di alcune neuropatie o di lesioni al sistema nervoso periferico. In modo del tutto analogo, in passato, lo studio farmacologico della capsaicina del peperoncino ha permesso di approfondire la nostra conoscenza sulla percezione e sulla trasmissione del dolore.

In particolare, i composti pungenti del pepe del Sichuan eccitano, con un pattern “a mitraglia”, alcuni recettori della pelle e della lingua particolarmente sensibili al tocco lieve, allo sfioramento, deputati a percepire i contatti “non pericolosi”, mentre non si legano a quelli deputati a rilevare pressioni violente. La loro azione, delucidata solo da pochi anni, prevede il blocco selettivo di alcuni appartenenti a un sistema basato sul flusso di ioni potassio sulla superficie dei terminali nervosi (i canali della classe KCNK) e presenta un’intensità circa 5 volte superiore rispetto allo stimolo meccanico. In altre parole, confrontando la sollecitazione meccanica della lingua con la somministrazione di shansool il risultato nel secondo caso è paragonabile a un “urlo” fortissimo ed intermittente, fatto scorrere nei nervi che dalla lingua vanno verso il nostro cervello, con la conseguenza di mandare in “cortocircuito sensoriale” tutto il sistema. L'”urlo” prodotto dalle alchilammidi quando si legano ai sensori meccanici della lingua presenta piccola differenza rispetto alla capsaicina, sostanza chemestetica per eccellenza: viene lanciato dai sensori circa 40-60 secondi dopo aver masticato un granello di Zanthoxylum, con una latenza molto più marcata che in altre sostanze chemestetiche, incluse quelle della senape o del wasabi, rispetto alle quali non causa neppure un aumento della secrezione nasale. Dopo circa 10 minuti, il tingling scompare lasciando una sensazione di fresco e rispetto alle spezie appena citate non costituisce un’esperienza iperalgesica o allodina, in quanto non attiva sistemi associati al dolore, ma interviene selettivamente solo su quelli legati all’anestesia locale ed al tatto lieve ed innocuo, analogamente ad alcuni anestetici gassosi. I grani di pepe del Sichuan producono questo effetto per semplice masticazione ed il shansool si diffonde rapidamente nel cavo orale, in quanto le molecole responsabili del tingling sono abbastanza idrofile e solubili in acqua, a differenza ad esempio dalle capsaicine del peperoncino. Questo permette un loro più facile impiego anche in ricette a base acquosa come i sorbetti, i cocktails, i piatti a base di brodo, come è il nostro “vitello all’acqua piccante”. Inoltre, la loro azione è completamente indipendente da quella della capsaicina, ovvero le due sostanze non interferiscono tra loro né amplificandosi né attenuandosi a vicenda e difatti nella ricetta cinese è presente anche del peperoncino. Giusto per farsi del male è infatti possibile sommare l’effetto pungente dello Zanthoxylum a quello bruciante del peperoncino.

Dalla cucina al laboratorio e ritorno. Una curiosità erboristica riguarda la famiglia delle Asteraceae/Compositae, quella della camomilla e della margherita per intenderci. Al suo interno sono presenti alcune specie in grado di produrre alchilammidi in grado di produrre tingling e tra queste ce n’è almeno una di rilevanza erboristica, l’echinacea. Tra i saggi grossolani usati dai commercianti per verificare la genuinità delle radici di echinacea sul mercato c’è proprio quella del morso: se pizzica la lingua, è lei. Per uscire temporaneamente dal seminato gastronomico infatti, ammidi come il shansool ed i suoi derivati, così come le piante che li contengono, non prestano i sintomi del tingling solo a fini culinari, ma rientrano nelle tradizioni etnomediche come anestetici topici, anche per il mal di denti. Le specie Zanthoxylum del nord America e piante brasiliane come Spilanthes acmella e Spilanthes oleracea (= Acmella oleracea) vengono difatti definite  “alberi del mal di denti” e non a caso. Queste ultime in particolare contengono un’ammide simile al sanshool chiamata spilanthol, in grado di combinare il tingling con l’anestesia del trigemino e con l’ipersalivazione che viene sfruttata da alcuni cuochi per colpire i clienti non solo in pietanze, ma anche in cocktails e sorbetti “molecolari“, giocando anche con un ulteriore fattore: in virtù del particolare meccanismo d’azione descritto in precedenza le alchilammidi vegetali possono essere amplificate o modulate lavorando sulla temperatura, ovvero il loro effetto è magnificato a freddo e parzialmente represso a  caldo. Anche Ferran Adrià pare abbia usato il tingling indotto di capolini fiorali di Spilanthes  per creare un latte elettrico. Negli Stati Uniti i fiori di Spilanthes sono venduti col nome di Szechuan buttons, ma come detto non si tratta di piante cinesi ed il nome è una conseguenza del successo dello Zanthoxylum e delle sue simili proprietà (sono anche più correttamente chiamati Para cress, in nome dello stato brasiliano del Parà). Se non avete il coraggio di ordinare il vitello all’acqua piccante o di masticare i capolini di Para cress, potete comunque farvi un’idea dei loro effetti guardando questo video ed ascoltando i commenti dei temerari assaggiatori reclutati dal Washington Post:

Tra tutti i sensi il tatto appare sempre orfano quando si trattano questioni garstonomico-culinarie. L’occhio vuole la sua parte, il naso è sempre protagonista delle soluzioni più fini e ricercate, il gusto viene declinato in mille sfumature mentre le percezioni tattili sembrano destinate a un ruolo di secondo piano. Eppure, se qualche molecola vi addormenta la lingua, è possibile che vi si risveglino i sensi e che il suo ruolo non si esaurisca all’effimera sensazione di una cena cinese.

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Albin KC, & Simons CT (2010). Psychophysical evaluation of a sanshool derivative (alkylamide) and the elucidation of mechanisms subserving tingle. PloS one, 5 (3) PMID: 20209090

Koo, J., Jang, Y., Cho, H., Lee, C., Jang, K., Chang, Y., Shin, J., & Oh, U. (2007). Hydroxy-a-sanshool activates TRPV1 and TRPA1 in sensory neurons European Journal of Neuroscience, 26 (5), 1139-1147 DOI: 10.1111/j.1460-9568.2007.05743.x

Bautista DM, Sigal YM, Milstein AD, Garrison JL, Zorn JA, Tsuruda PR, Nicoll RA, & Julius D (2008). Pungent agents from Szechuan peppers excite sensory neurons by inhibiting two-pore potassium channels. Nature neuroscience, 11 (7), 772-9 PMID: 18568022

Bryant, B. (1999). Alkylamides that produce tingling paresthesia activate tactile and thermal trigeminal neurons Brain Research, 842 (2), 452-460 DOI: 10.1016/S0006-8993(99)01878-8

Lennertz RC, Tsunozaki M, Bautista DM, & Stucky CL (2010). Physiological basis of tingling paresthesia evoked by hydroxy-alpha-sanshool. The Journal of neuroscience : the official journal of the Society for Neuroscience, 30 (12), 4353-61 PMID: 20335471