
Ho il sospetto che i costi elevatissimi necessari per la gestione di uno stabulario, ormai insostenibili per molte strutture accademiche, uniti ai vincoli etici (personali e di percepito pubblico, ma anche di terribile burocrazia connessa) stiano determinando alcune curiose derive negli studi pre-clinici compiuti su animali. A fianco degli studi classici su topi e ratti ed oltre a quelli zoologicamente più esotici su
zebrafish e
nematodi, negli ultimi mesi stanno diventando più frequenti studi su animali alquanto eccentrici per un laboratorio dedicato alle molecole naturali. Ad esempio,
in questo articolo gli effetti sulla memoria dell’epicatechina (uno dei polifenoli di cacao e tè) sono stati testati su gasteropodi come le lumache della specie
Lymnaea stagnalis. Oppure
in quest’altro caso sono state usate delle api per valutare il ruolo del resveratrolo nella riduzione dell’appetito.
Per la cronaca, in entrambi i casi le indicazioni sono state favorevoli, ovvero le lumache ricordano più a lungo quale sia il comportamento più opportuno di fronte ad uno stress e le api mangiano meno zucchero, lavorano uguale e vivono più a lungo del 30%. Secondo gli autori la scelta delle api è legata al fatto di essere animali sociali come l’uomo, mentre le lumache sono indicate come un possibile buon modello per gli studi cognitivi. Viene però spontaneo chiedersi che traducibilità sull’uomo possano avere questi dati stante la differenza fisiologica enorme tra “noi” e “loro” e quanto la scelta dei ricercatori sia influenzata dalla scarsa proiezione affettiva che nutriamo verso queste nuove cavie, raramente percepite come carine e coccolose.
Il tema della sperimentazione in vivo è molto interessante e spesso un motivo di disputa. Qualche tempo fa, cercando le pubblicazioni di un mio professoresse, mi sono imbattuto in un’intervista-confronto su questo tema. Da una parte il preside della mia facoltà, dall’altra un biologo. La tesi sostenuta dal secondo è davvero faziosa e in certi punti inverosimile, ma vorrei che non rimanesse una mia impressione. Allego il link al quale si può trovare l’intervista.
http://www.google.it/url?sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=1&cad=rja&ved=0CCIQFjAA&url=http%3A%2F%2Fwww.centroanimalista.ch%2Fvivisezione%2FDella%2520Loggia%2520contro%2520Tamino.doc&ei=isSoUPu5A8jesgarr4CwCA&usg=AFQjCNHHy9Tqxxbje7753X9yF__oArWOBw
Il secondo è evidentemente schierato a priori, alcune cose che dice non mi risultano (che nelle università si faccia didattica con animali, ad esempio). Personalmente non amo la sperimentazione animale e credo sia importante avorare per minimizzarla, ma non ritengo se ne possa fare completamente a meno. Su alcuni aspetti della sperimentazione animale va peraltro ricordato che esistono regole molto restrittive e che un approccio dogmatico andrebbe evitato da tutti: la sperimentazione quasi diretta sull’uomo, proposta dal biologo, è eticamente inaccettabile soprattutto per quanto riguarda le tossicità a medio-lungo termine. Nessuno dei due intervistati però ricorda che in alcuni campi si stanno facendo notevoli progressi per sostituire o limitare al massimo il ricorso agli animali, ad esempio nella realizzazione di derma in vitro a partire da staminali da impiegare nelle prove allergologiche o nella sperimentazione di farmaci ad uso topico. In particolare mi riferisco alle attività che passano attraverso l’ECVAM di Ispra.
Grazie