Probabilmente non esiste un attacco più abusato, per uno scritto che voglia parlare di mele e salute, di una mela al giorno leva il medico di torno. Meno logoro, ma comunque ben saldo, apprezzato dai più piccini e spendibile nell’immaginario visivo collettivo, il binomio tra mela e vermicello. Pagato il dazio con gli stereotipi, possiamo però usare la mela, la salute e pure il verme per capire meglio se e come una dieta ricca di questi frutti può davvero rendere più salubre la nostra esistenza come vorrebbe la tradizione. Stando alle pubblicazioni scientifiche edite nell’ultimo lustro la curiosità a riguardo sembra essere più che attuale, per vari motivi specchio una certa ortoressia salutistica sempre più incorporata negli stili di vita che ci sono proposti e che recentemente promuove i benefici di un’azione antiossidante come viatico per una lunga vita.
Il verme buono. Il baco della mela in questione non prospera abitualmente nei pomi ma è un nematode microscopico chiamato Caenorhabditis elegans, impiegato frequentemente nel ruolo di modello sperimentale, come racconta in dettaglio questa dispensa dell’IFOM. Rappresenta, grazie alla sue elevata trattabilità, un equivalente zoologico di Arabidopsis thaliana: un organismo facile da gestire e su cui si concentrano gli sforzi di molti per approfondire gli aspetti più elusivi nel funzionamento degli esseri viventi. Tra gli aspetti favorevoli al suo uso vale la pena di citare il ciclo vitale veloce (la vita media di un individuo è di circa 25 giorni); una gestione economica compatibile con un facile uso in laboratorio; un genoma completamente mappato, elaborato ma non troppo; un numero costante di cellule trasparenti (959), tutte visibili al microscopio ottico, tutte con una funzione nota ed assegnata. Non guasta anche l’esistenza di numerosi ceppi in cui sono stati silenziati alcuni geni ad hoc per dedurre ipotesi sui meccanismi d’azione di sostanze somministrate alla bestiola. Del piccolo verme terricolo si sa dunque quasi tutto al punto che esistono archivi online dedicati ai protocolli sperimentali e ai dati disponibili circa il suo comportamento, la sua fisiologia e le risposte agli stress cui viene esposto (fame, calore, variazioni della dieta, eccetera). Per questi motivi, come riassunto nella monografia linkata sopra, C. elegans costituisce “un valido modello sperimentale per l’analisi di fenomeni biologici che sarebbe troppo complesso e dispendioso studiare negli organismi superiori“. Inutile aggiungere che uno di questi fenomeni biologici complessi è rappresentato dalla longevità ed un consistente numero di studi è stato infatti condotto per verificare quali sostanze o alimenti possono incrementare l’aspettativa di vita del nostro eroe, al fine di selezionare i candidati migliori ed indirizzarli a studi su modelli più elaborati come i mammiferi.
In questa mela c’è un verme! Prosit! Chiaramente anche le mele ed i loro polifenoli (catechine monomeriche epimerizzate o meno, esterificate con acido gallico, procianidine) sono state inserite nella dieta di C. elegans. Mai sperimentazione animale fu tanto vantaggiosa per le cavie, dato che risultati hanno evidenziato in studi distinti un incremento medio della longevità pari a 1,5-2 giorni, a cui si abbina una riduzione delle dimensioni medie. Facendo un conto della serva e confrontando le rispettive aspettative di vita, i giorni in più che queste sostanze assicurano al nostro verme equivarrebbero potenzialmente a 7 anni di vita per un essere umano. Ovviamente il condizionale è più che obbligatorio e la proporzione è un frutto puramente teorico, data la differenza tra i due organismi, ma il risultato è promettente lungo la via che porta dal proverbio alla certezza. Sono però le indicazioni e le implicazioni di queste ricerche ad essere particolarmente interessanti, perchè fanno traballare alcuni assiomi su cui si basa il marketing salutistico.
Cosa dicono questi studi. Confermano che la catechina non epimerizzata (abbondante in tè verde e cacao) ed i polifenoli complessi da essa derivati per polimerizzazione (procianidine o proantocianidine), presenti nelle mele ma anche in mirtilli, uva, cacao, tè e molte altre piante, possono aumentare la longevità di alcuni esseri viventi, confermando quanto già noto per il resveratrolo nei moscerini e nello stesso C. elegans. Però queste ricerche -soprattutto quelle inerenti la catechina-dicono anche che c’è da riflettere con attenzone sui meccanismi sinora sponsorizzati per assicurare (e proporre con insistenza) un regime alimentare longevista, in quanto l’azione antiossidante sembra essere non così preminente come supposto. Anzi, le proprietà antiossidanti degli alimenti vegetali non avrebbero effetto alcuno sull’incremento dell’aspettativa di vita (non sull’insorgenza di malattie, che peraltro per un nematode sono differenti dalle nostre). E questo, probabilmente è l’aspetto più interessante della faccenda. L’uso di ceppi di C. elegans incapaci di resistere allo stress ossidativo ha infatti evidenziato che la somministrazione di polifenoli come quelli delle mele non influisce sulla longevità e che molto più coinvolti sono invece i pool genici legati ai processi di detossificazione. Anche la teoria dell’ormesi (la teoria del “quel che non ammazza ingrassa” 😀 ) sembrerebbe insufficiente per alcuni polifenoli -catechina in particolare- ed ugualmente non sembrerebbe coinvolta l’induzione di una restrizione calorica, altro fattore noto per aumentare la longevità di questi animali. Catechine e procianidine, inoltre, si comporterebbero diversamente dal resveratrolo, creando uno scenario più complesso di quello che porta alle sirtuine.
Come giustificare quindi l’aumento dell’aspettativa di vita in Caenorhabditis? Una delle ipotesi passa attraverso una teoria dell’invecchiamento proposta tra il 1977 ed il 1979 e chiamata Disposable soma theory. Secondo questa linea di pensiero -che ha i suoi limiti ed i suoi detrattori, ad esempio non spiega adeguatamente gli effetti positivi delle restrizioni caloriche- gli organismi viventi hanno una quantità definita di energie da distribuire, un budget fisso con tre capitoli di spesa principali: crescita/metabolismo, riproduzione e “manutenzione”. Quest’ultima si occupa di cose come la riparazione del DNA danneggiato, l’efficienza dei sistemi enzimatici e dei vari rammendi che gli organismi viventi abbisognano a causa degli stress a cui sono fisiologicamente esposti. La voce della manutenzione sarebbe la meno prioritaria nella contabilità e come l’istruzione in certe nazioni verrebbe depauperata di risorse più delle altre, determinando il progressivo decadimento del sistema e quindi l’invecchiamento. Nel caso di C. elegans alimentato con una dieta ricca di catechina non si riscontra un vantaggio nella resistenza antiossidante, ma un probabile aumento dell’efficacia dei sistemi di riparazione ed eliminazione delle tossine, con una riduzione del budget assegnato alla crescita. I vermi, infatti, vivono di più ma si accorciano. Come si traduca questa promozione della detossificazione non è ancora noto, ma come evidenziato anche da altri studi i polimeri polifenolici delle catechine avrebbero la capacità di modulare tramite un’azione aspecifica le strutture proteiche degli enzimi preposti allo “smaltimento” delle tossine assunte o generate con l’alimentazione, modulando le capacità detossificanti. Un’altra informazione interessante che si estrae dai lavori è che non è indispensabile utilizzare molecole isolate per ottenere risultati, bastano mix di polifenoli non purificati come quelli direttamente presenti nei frutti integri.
Cosa non dicono questi studi. Ovviamente un essere umano è più complicato di un nematode e lo scale-up da C. elegans ad Homo sapiens non è scontato. Almeno fino a che non si tira in ballo la caratura etico-morale, naturalmente. Innanzitutto, il regime alimentare seguito dal verme nelle ricerche era totalmente esclusivo e comprendeva i soli polifenoli miscelati a batteri morti (suo cibo abituale), mentre la nostra dieta è enormemente più elaborata e complessa. Anche lo stile di vita, se così si può dire, è parecchio diverso a causa del numero molto maggiore di tossine a cui sono esposti i nostri organismi. Molti di questi studi poi, si riferiscono a diete monoalimento a base di sostanze pure aggiunte ad una dieta fissa condotta “dalla culla alla bara” del nematode-modello, cosa quasi impossibile da replicare in un essere umano. Inoltre, è tutta da verificare la quantità di catechine e procianidine efficaci in un mammifero (e se questa quantità è compatibile con l’alimentazione umana), che ha un apparato digestivo molto più complesso e popolato da una flora batterica del tutto differente.
In pillole? I polifenoli delle catechine presnti nelle mele potrebbero effettivamente avere un effetto benefico su alcuni organismi viventi, attraverso un meccanismo diverso da quello antiossidante. Se si parla di longevità questo parametro potrebbe non essere importante come propagandato. La presenza di queste sostanze in un grande numero di fonti alimentari rende tuttavia poco esclusivo l’abbinamento tra mela e longevità, estendendolo potenzialmente ad una dieta ricca in polifenoli catechinici. Chi volesse, sulla base di queste evidenze preliminari, soddisfare l’antico adagio della mela al giorno, farebbe meglio a mangiarla con la buccia: il grosso dei polifenoli si accumula sulla parte esterna (il rapporto buccia:polpa per le proantocianidine circa 4:1). Per la scelta della mela più indicata, l’appuntamento è invece per un prossimo post.
Sunagawa, T., Shimizu, T., Kanda, T., Tagashira, M., Sami, M., & Shirasawa, T. (2010). Procyanidins from Apples (Malus pumila Mill.) Extend the Lifespan of Caenorhabditis elegans Planta Medica DOI: 10.1055/s-0030-1250204
Saul, N., Pietsch, K., Menzel, R., Stürzenbaum, S., & Steinberg, C. (2009). Catechin induced longevity in C. elegans: From key regulator genes to disposable soma Mechanisms of Ageing and Development, 130 (8), 477-486 DOI: 10.1016/j.mad.2009.05.005
Del perchè gli studi di longevità su animali non sono sempre trasferibili all’uomo “cazzo, se devo mangiare nove porzioni di frutta e verdura al giorno per vivere, non voglio vivere” Boris Yellnikoff, alterego di Woody Allen in Basta che funzioni, 2009 😛
Al volo – per essere rapidi e per restare in superficie
* perché affannarsi tanto a vivere qualche anno in più? Che poi si rischia di finire come Titone, per il quale Eos chiese la vita eterna ma dimenticò l’eterna giovinezza…
* zio Woody aveva già espresso un’idea simile: “Ho smesso di fumare. Vivrò una settimana di più e in quella settimana pioverà a dirotto” – non ho mai fumato ma simpatizzo molto.
* in che diavolo di sistema metrico compare l’unità “porzione”? i dietologi ne parlano sempre, ma confesso di non aver mai capito bene…
La porzione è un’unità di peso del sistema spannometrico, suvvia. Il titolo del post ha un’ispirazione non distante dalle altre domande.