Il grano degli altri

L’ultimo numero di Le Scienze in edicola ospita un articolo assai completo su Manihot esculenta, l’arbusto esclulento al punto tale da rappresentare una delle principali fonti di amido (leggasi: calorie, pappa, sopravvivenza) per mezzo mondo. Circa un terzo della popolazione del pianeta trae infatti i carboidrati fondamentali alla propria alimentazione dalle radici tuberizzate di questa pianta, previo trattamento fisico (macinatura), termico (immersione in acqua calda) o per fermentazione al fine di eliminare in via enzimatica i cianuri che contiene sotto forma di glicosidi cianogenetici. Il tubero della cassava però ha altri due problemi più ostici da risolvere. Il primo è che  se non viene ridotto in farina entro pochi giorni o trattato in qualche modo (ad esempio coprendolo di cera, come si può notare in molti negozi alimentari), va a male alla velocità della luce. Bastano infatti pochi giorni trascorsi a temperatura ambiente dopo la raccolta per ritrovarsi un prodotto marcescente e non più commestibile, con ovvi problemi di resa finale, di distribuzione, di sicurezza alimentare. L’altro elemento critico è il suo scarso contibuto alla dose giornaliera consigliata di precursori della vitamina A, la cui carenza cronica determina gravi conseguenze con problemi alla vista soprattutto nei bambini e nelle popolazioni di alcune zone tropicali, incluse quelle rurali in cui l’alimentazione è fortemente basata sulla manioca.

L’articolo apparso su Le Scienze vi accenna parzialmente ma a quanto pare sussiste la possibilità che questi due problemi possano avere un’unica soluzione. In Africa, in India e soprattutto in Brasile sono state individuate o selezionate negli ultimi anni alcune varietà particolarmente ricche in beta-carotene (oltre 50 volte rispetto alle varietà classiche) che consentirebbero di coprire il fabbisogno giornaliero di precursori della Vitamina A con soli 20-30 grammi di tubero fresco pari a circa il doppio a seguito di cottura e lavorazione, che causano una certa perdita. Partendo da queste varietà si sono ottenute delle varietà più ricche di carotenoidi, meno sensibili ai parassiti, più ricche di proteine e più produttive per selezione convenzionale biotecnologicamente assistita, ovvero unendo il know-how della pratica agricola degli incroci con l’accelerazione del processo garantita dalla tracciabilità dei geni responsabili dei tratti desiderati,  Soprattutto, pare, introducendo casualmente un altro elemento utile. Secondo quanto raccontato l’anno scorso sul blog del CIAT e ripreso da Agricultural Biodiversity, alcune di queste linee sembrerebbero produrre anche tuberi conservabili a temperatura ambiente per settimane.